Quando
un poeta francese contemporaneo come Yves Bonnefoy commenta e traduce
in francese A
Silvia o L'Infinito
di Leopardi è il caso di affermare che ci troviamo senz’altro di
fronte ad un importante evento letterario.
Il
poeta francese dichiara con onestà intellettuale di non aver
immaginato di poter ricreare nella sua lingua la bellezza dei versi
di Leopardi riconoscendo che le parole del francese non hanno lo
stesso modo di vivere di quelle dell'italiano nei Canti. Versi come
come
“sonavan
le quiete stanze/
e
le vie d'intorno/ al tuo perpetuo canto/,
osserva Bonnefoy ,
neanche paion di “lingua
mortal”.
Les
poètes -scrive- aiment les mots, mais ils n’aiment pas les
concepts en eux..... ils ont trois dimensions sous la linéarité
apparente de ce qu’ils écrivent, et comment traduire cela, cette
intimité d’un rapport à soi qui est pourtant la poésie même ?-
Analizzando
il lavoro di Bonnefoy Carlo Ossola, filologo e critico letterario,
rileva che già Leopardi a proposito dell'arte del tradurre, poco
dopo aver scritto “A Silvia” e quasi presagendo il secolo in
cui Yves Bonnefoy l'avrebbe così mirabilmente interpretata faceva
propria l'osservazione di D'Alembert sulla lingua italiana e
l'annotava nello Zibaldone - “De
toutes les langues cultivées par les gens de lettres, l'italienne
est la plus variée, la plus flexible, la plus susceptible des formes
différentes qu'on veut lui donner. Aussi n'est-elle pas moins riche
en bonnes traductions, qu'en excellente musique vocale qui n'est
elle-même qu'une espèce de traduction”-
Bonnefoy
riconosce i limiti e le difficoltà della sua impresa, ma è
l'ammirazione per il nostro poeta che lo ha indotto a fare un lavoro
così irto di complessità.”Soprattutto
mi affascinava l'inizio del canto,(A Silvia) questo quasi ossimoro,
sorprendente, degli "occhi ridenti e fuggitivi" della
fanciulla "lieta e pensosa". Se la poesia è intraducibile,
lo è appunto in tali momenti. E non pretendo aver fatto intendere
tutta quella musica... Se solo avessi fatto intendere che amo
Leopardi, che la sua opera più che da ammirare è da amare, questo
potrebbe bastarmi".
Con
questo lavoro Bonnefoy ha dato forma ad un desiderio, un amore per il
Leopardi che egli spera che altri suoi connazionali possano
condividere con lui.
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